CGV

14 marzo 2010

Un certo signor G.

L'interpretazione di Neri Marcorè riporta in vita il teatro canzone di Gaber.

“Un certo signor G.”

Il teatro di Gaber riprende luce grazie all’interpretazione di Neri Marcorè

La conoscenza che noi giovani abbiamo su Giorgio Gaber è limitata: abbiamo orecchiato qualche brano molto noto (“Destra e sinistra ”, “Io non mi sento italiano”) però non abbiamo avuto modo di conoscere il teatro canzone di Gaber, la sua più grande invenzione. Il grande Neri Marcoré è venuto in nostro soccorso al Teatro Olimpico di Roma, solo fino al 14 marzo purtroppo, portando in scena “Un certo signor G.”. Lo spettacolo riprende le prime esperienze teatrali di Gaber del periodo tra il 70 e il 74 come “Signor G”, “Dialogo tra un impegnato e un non so”, “Far finta di essere sani” e “Anche per oggi non si vola” rimontandole e attualizzandole qua e là senza alterare però l’opera originale.

Neri Marcorè è uno dei migliori attori italiani del momento, la sua bravura è dimostrata dalle sue capacità di imitazione, lo abbiamo visto più volte nella trasmissione su Raitre “Parla con me” nel ruolo di cantanti, politici, presentatori. Doppiatore e attore, ha partecipato a numerosi film e sceneggiati tv, ed è Direttore Artistico del Teatro delle Api di Porto Sant’Elpidio (AP). Dimostra ancora una volta la sua abilità di attore conducendo da solo per un’ora e 40 sul palco una serie di monologhi e melologhi (genere musicale che unisce musica con il parlato).

Diversi gli argomenti toccati dallo spettacolo: dalla politica all’amore, dalle paure più o meno inconsce all’essere vittima dei meccanismi sociali. Definire Gaber un uomo di sinistra è altamente riduttivo e fuorviante. La sua analisi della società è quella di un uomo che intuisce tutte le ipocrisie e i limiti dell’uomo moderno, imbrigliato dai suoi pregiudizi e dal suo ambiente. “Il pelo”, ad esempio, non ha certo un testo elegante ma colpisce al centro il suo obiettivo: l’individuo è vittima di una mentalità o di un istinto che gli impone di confrontare la sua situazione economico-sociale con quella dei suoi simili; questa tendenza raggiunge il massimo della sua irragionevolezza proprio in questo testo, in cui un uomo, che non ha nulla, arriva ad invidiare l’altro che ha appunto un pelo! La grandezza di Gaber è quella proprio di arrivare a mostrare l’assurdità di certi comportamenti sociali. Sono i ragionamenti dell’uomo qualunque ad essere messi a nudo che automaticamente si mostrano vuoti o quantomeno ridicoli. Ma non solo. I dubbi e le angosce dell’individuo in campo sentimentale, l’assurdità del mondo politico e del meccanismo sociale nel quale siamo incastrati perennemente (“L’ingranaggio”).

L’ insieme di questi testi, nonostante gli anni passati, è ancora attualissimo e ci fa riflettere. Ci costringe ad imbatterci nella cruda realtà quotidiana che spesso ignoriamo, volutamente o inconsciamente, per poter proseguire la vita con una certa serenità.

Scrosci di applausi, sia per Marcorè sia per le due pianiste Silvia Cucchi e Vicky Schaetzinger che lo hanno accompagnato. La fine dello spettacolo ci ha lasciato con un misto di serenità e nostalgia, come quando lasciamo la casa di amici dopo una serata piacevole passata in compagnia.

Le opere di Gaber non tramonteranno mai, lo dimostrano i 35 anni passati da “il signor G.” e l’ancora forte entusiasmo del pubblico, che non si stanca mai o che scopre (come noi) un intellettuale, che non si erge mai sul piedistallo, che veramente ha fatto la storia della letteratura e della canzone italiana.

Carlo Guglielmo Vitale