Il tema delle riforme, in particolare quelle istituzionali, e’ molto dibattuto da oltre due decenni: dalla prima bicamerale dell’83 a quella del ’97 fino alla recente modifica della Costituzione del 1999 e del 2001 e il tentativo, bocciato dal referendum, di un riassetto più corposo del 2005.
Abbiamo assistito negli ultimi anni a un’ideologizzazione di una tematica complessa quanto mai reale e bipartisan: le riforme istituzionali che toccano la nostra Carta Costituzionale e i regolamenti parlamentari delle due camere. Quando nel 2004 fu varata una riforma costituzionale di ampio respiro da parte del governo Berlusconi II, il centro-sinistra organizzò manifestazioni contro la normativa, fin qui niente di particolare. L’oggetto della polemica però non riguardava contenuti concreti, bensì il fatto stesso di aver toccato il testo costituzionale, “dimenticando” che solo tre anni prima era stato proprio il governo di centro-sinistra a operare una modifica del genere.
Certamente la posizione “intransigente” del Governo, con l’approvazione a colpo di maggioranza, insieme alle frasi a effetto fortemente autoritarie pronunciate da alcuni esponenti della Lega Nord non hanno aiutato il clima.
Negli ultimi anni invece e’ avvenuto un certo disgelo tra centro-destra e centro-sinistra per giungere alla condivisione del progetto federalista, o più correttamente regionalista, da parte di tutte le forze politiche. Un grande passo avanti, che ora necessita di un altro non meno importante per completare l’assetto del nostro Paese, avviato già nel ’97 con la riforma Bassanini.
Il 10 novembre scorso si e’ formata una convergenza tra Fini e D’Alema, in un convegno sul federalismo organizzato ad Asolo dalle fondazioni Farefuturo e Italianieuropei. La proposta condivisa dai due esponenti politici e’ quella di dare vita ad una Commissione Bicamerale che possa fornire dei pareri consultivi sui decreti legislativi, successivi all’approvazione da parte del Parlamento della legge delega per l’attuazione dell’art.119 della Costituzione (federalismo fiscale), elaborata dal ministro per la Semplificazione Normativa, Calderoli.
Il premier Berlusconi ha preso le distanze dall’idea, infastidito dall’ennesima mano tesa del Presidente della Camera Fini all’opposizione. Il ministro Calderoli invece, per ridurre le spese (istituire una Commissione Bicamerale costa), ha proposto di affidare l’incarico alla già esistente Commissione Affari Regionali.
E’ da evitare il passaggio dei decreti legislativi attraverso le dodici Commissioni delle camere: così tanti pareri sarebbero completamente inutili, creerebbero notevole confusione e il Parlamento sarebbe di fatto esautorato dei suoi compiti.
A complicare la questione c’e’ la necessità di affiancare al federalismo fiscale una riforma istituzionale più articolata, ad esempio trasformando la seconda camera in una rappresentanza degli enti locali e delle regioni.
Non dimentichiamo poi che qualunque strada sia scelta dovranno partecipare alla discussione i diretti interessati, ovvero Comuni, Provincie e Regioni.
E’ necessario portare a compimento l’iter di riforme avviato negli anni passati e mai concluso per giungere ad una Seconda Repubblica compiuta e non di facciata.
Carlo Guglielmo Vitale