CGV

12 luglio 2006

La donna che morì dal ridere

Un libro divulgativo sulle neuroscienze e casi clinici affascinanti.

“La donna che morì dal ridere” di S. Blakeslee, V. S. Ramachandran

Il dott. Ramachandran è uno dei massimi rappresentanti delle neuroscienze: è nato in India ma dopo essersi laureato in Gran Bretagna si è trasferito in California. Oggi lavora presso l’Università di San Diego dove dirige il “Centre for Brain and Cognition” e insegna presso il Dipartimento di psicologia e neuroscienze. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali e ha pubblicato decine di articoli scientifici. Questo libro, nonostante tratti di neuroscienza, è estremamente divulgativo e piacevole nella lettura e ci offre un buon assaggio della materia. Attraverso casi clinici molto rari, strani e al tempo stesso affascinanti, Ramachandran ci mostra uno spaccato delle conoscenze attuali tentando, laddove ancora si conosce poco, di spiegare con plausibili supposizioni certi meccanismi cerebrali. Ecco dunque un giovane che in seguito a un incidente d’auto credeva che i suoi genitori fossero stati sostituiti da altri che gli assomigliassero, non cattivi, ma non erano loro, egli non li “sentiva” come suoi genitori. Li vedeva uguali ma “sapeva” che non erano loro poiché non “provava” ciò che avrebbe dovuto, non sentiva la loro emozione. Immaginatevi lo stato dei poveri genitori. In un altro caso clinico descritto, una donna ignorava tutto ciò che compariva sul suo lato sinistro: si truccava mezzo volto, mangiava solo la parte destra del piatto… Ancora, persone che pur non avendo un braccio sentivano che c’era ancora e gli procurava fastidio o dolore: come grattarsi ciò che è invisibile? Questa problematica viene denominata “arti fantasma” ed è relativamente diffusa in amputati. Il dottor Ramachandran è riuscito in parte nel suo scopo di risolvere il problema: con lo stratagemma di uno specchio è riuscito, almeno temporaneamente, a “ingannare” il cervello. Questi pazienti non sono pazzi, tutt’altro. Anche coloro che non sono coscienti della loro situazione, sono perfettamente lucidi e capaci nelle loro altre funzioni non legate all’area cerebrale colpita. Vorrei esporvi tutti i diversi casi che l’autore spiega brillantemente, ma sarebbe impossibile: se questi casi che vi ho descritto hanno stuzzicato la vostra curiosità/interesse allora il libro fa per voi. Naturalmente tutti i casi descritti non sono tenui e se da una parte sono affascinanti e interessanti, d’altra parte creano gravissimi problemi alle persone colpite. Il pregio della lettura del libro è quello di mostrarci come ogni nostra minima azione, pensiero o gesto dipenda dal cervello; ci induce a riflettere sui difetti e sui pregi delle persone, ci porta a esaltare anche il più piccolo gesto e a non sottovalutare le cose più banali, quotidiane che ci appaiono scontate. Ci sono persone che non hanno tutte le nostre possibilità e che per fortuna (o per sfortuna) non ne sono nemmeno coscienti.

Un’altra opera altrettanto interessante ma forse meno divulgativa è “L’anima del cervello” di E. Goldberg, uno studioso di neuropsicologia clinica discepolo del grande studioso russo Lurija. Goldberg mostra come la nostra personalità risieda nell’area cerebrale dei lobi frontali: infatti pazienti con lesioni a quest’area si “trasformano” completamente perdendo la loro precedente personalità. Il più famoso caso, e forse anche il primo documentato, è quello di Phineas Gage che nel 1848 ebbe un terribile incidente: mentre lavorava in un cantiere una sbarra di 9 cm di diametro gli perforò il cranio, lasciandolo in vita ma subendo gravi danni ai lobi frontali. Dal punto di vista fisico era guarito completamente ma “…la sua mente era completamente cambiata, in modo così deciso che i suoi amici e le sue conoscenze affermavano che lui non era più Gage.” (questo è quanto affermò il suo medico). Non aveva più controllo di pianificazione, non era cosciente naturalmente della sua lesione, non aveva controlli di tipo “morale”, era irriverente ecc.: era un’altra persona, come affermavano tutte le persone che lo conoscevano. Questo è il caso più eclatante che riporta Goldberg e insieme a tutti gli altri mostra come ogni nostra capacità sia “nascosta” nei meandri della “cosa” più complessa e straordinaria di tutto l’universo: l’encefalo, in particolare quello umano. Ecco dunque spiegato il titolo di questo bel libro: l’anima del cervello, cioè la nostra autocoscienza risiede nei lobi frontali della corteccia cerebrale.

L’ultimo libro che vorrei consigliarvi sull’argomento è un po’ diverso e senza dubbio facile da leggere e capire: s’intitola “Il cervello e le sue meraviglie” di R. Ornstein e R. F. Thompson, rispettivamente psicologo e professore di neuroscienza comportamentale. Quest’opera non solo è semplice per i “non addetti ai lavori”, ma è anche arricchito da illustrazioni che rendono ancora più evidente la fisionomia dell’encefalo umano; infatti si incentra soprattutto su questo lato, forse più semplice e di minor impatto rispetto ai precedenti descritti sopra. Il cervello è costituito da circa un centinaio di miliardi di cellule nervose, il cui numero di interconnessioni è impressionante: ogni cellula si collega con circa altre 10.000 cellule, dunque il totale è di circa un milione di miliardi! È un libro che potrà interessare coloro che vogliono conoscere come è strutturato il cervello e capire gli elementi di base delle cellule nervose e delle loro connessioni.