Il testamento biologico
Si sta parlando sempre più spesso dell’eventualità di legiferare sulle questioni di bioetica, in particolare quelle riguardanti casi di stati vegetativi o casi di paralisi completa. Si sta smuovendo qualcosa per quanto concerne il c.d. testamento biologico.
In seguito agli ultimi tristi casi di pazienti ricoverati in condizioni vegetative o nell’impossibilità di comunicare o in casi di estrema gravità (pensate ai diversi casi di Welby, Englaro, Nuvoli…) il problema della scelta o meno di interrompere le cure (“staccare la spina”) e’ diventato un evento mediatico. Sono situazioni molto differenti che racchiudono temi assai lontani e vicini allo stesso tempo. Il punto nodale che diversifica le circostanze e’ la propria volontà, o meglio la coscienza. Ed ecco che l’oggetto della nostra discussione si divide: accanimento terapeutico, rifiuto delle cure, eutanasia. In relazione a queste si discute sulla necessità di promulgare una legge sul testamento biologico (c.d. living will). Non e’ una questione facile e di soluzione immediata. Vediamo i significati di questi tre termini sopraccitati:
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Con accanimento terapeutico si intende, in assenza di consenso informato, una terapia che non porta alla guarigione ma che prolunga la vita del paziente solo per alcuni mesi.
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Il rifiuto delle cure e’ il diritto del paziente a non sottoporsi ad una cura anche se mettesse a rischio la sua vita. Questo principio e’ garantito dall’art. 32 c. 2 Cost. “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”
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L’eutanasia (dal gr. êu “bene” e thánatos “morte”) e’ la morte non dolorosa, consiste nel procurare la morte nel modo meno doloroso possibile. Può essere attiva se e’ provocata in maniera diretta o passiva se avviene in seguito alla sospensione delle cure indispensabili. Si parla di suicidio assistito nel caso in cui non vi sia intervento diretto da parte di terzi.
Il testamento biologico (living will) e’ semplicemente un atto di volontà che indica le intenzioni della persona qualora sopraggiungano condizioni di estrema gravità nelle quali il soggetto non sia più in grado di intendere o di volere. In Italia non esiste questo istituto giuridico in senso proprio anche se, come ha affermato il Comitato Nazionale per la Bioetica, il medico non può non tenere conto di eventuali dichiarazioni anticipate del paziente. Rimane il problema di dare pieno valore legale alle dichiarazioni, di fare in modo che si possa nominare un soggetto fiduciario e che sia disciplinata giuridicamente la materia.
Già il 29 aprile 2008 era stato presentato un disegno di legge (ddl) da Marino (PD) che conteneva “Disposizioni in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari […]”, il 16/12/08 era entrato in esame della Commissione permanente di Igiene e sanità.
Martedì 27 gennaio la Commissione ha avviato l’esame degli 11 ddl presentati da maggioranza e opposizione: il testo che unifica le diverse posizioni emerse e’ il ddl del sen. Calabro’ che però non incontra il favore di parte della maggioranza e di larga parte dell’opposizione, a causa della sterzata conservatrice del testo. I nodi controversi sono essenzialmente tre:
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L’alimentazione e l’idratazione artificiali non possono formare oggetto della Dichiarazione Anticipata di Trattamento (DAT; ovvero il testamento biologico) perché considerati atti di sostegno vitale;
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La DAT ha valore legale di tre anni, dopodiché deve essere riconfermata di volta in volta;
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La DAT potrà essere disattesa (con motivazione) dal medico nel caso in cui non sia più corrispondente agli sviluppi tecnico-scientifici.
Se questo disegno di legge venisse approvato, di fatto non si avrebbe nessun vantaggio. La scelta di limitare il valore legale del testamento biologico risulta legata all’idea della continua innovazione in campo medico, tre anni però sono oggettivamente pochi. Chi intendesse possedere una DAT valida per tutta la vita dovrà preoccuparsi di rinnovarla ogni tre anni! Il terzo punto sembra allora in quest’ottica un’ulteriore restrizione, forse inutile.
Insomma la questione non migliorerebbe affatto, anzi la creazione di tanti paletti e vincoli burocratizza fino all’eccesso una procedura che dovrebbe invece eliminare delle problematiche legali e morali. Di fronte a questo ddl ci viene spontaneo pensare che e’ meglio non avere nessuna istituzionalizzazione del testamento biologico.
Carlo Guglielmo Vitale