Il Commercio equo e solidale
Nella globalizzazione che avanza, tra iniquità e ingiustizie, esiste chi cerca di portare la solidarietà nel mercato mondiale
Il Commercio equo e solidale (Fair trade) è una modalità alternativa di commercio internazionale che non ha l’obiettivo di massimizzare i profitti, ma di lottare contro lo sfruttamento di persone e risorse dei Paesi del Terzo Mondo.
Il commercio equo nasce negli anni Sessanta, per molti un approccio alternativo contro il neo-colonialismo. Nel ’68 lo slogan “Trade not Aid” fu adottato dall’UNCTAD (Conferenza ONU sul commercio e lo sviluppo), ma è solo nel 1988 che viene introdotta la prima forma di etichettatura che fornisce la garanzia che i prodotti commercializzati provengano da questo tipo di movimento.
In Italia nel 1999 viene realizzata la “Carta Italiana dei Criteri del Commercio Equo e Solidale” che ha avviato un approfondito e intenso dialogo nazionale tra le organizzazioni partecipanti; nel 2005 essa è stata ritoccata, senza intaccarne però lo spirito. Nel 2003 è stata fondata l’associazione di categoria (AGICES) che si occupa, tra l’altro, del Registro Italiano delle Organizzazioni di Commercio Equo e Solidale.
Alcuni punti-chiave sono rispettati da tutte le organizzazioni mondiali che fanno parte del Commercio equo e solidale:
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creare opportunità per i produttori economicamente svantaggiati o emarginati;
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sviluppare l’indipendenza di questi produttori e migliorare l’accesso dei loro beni sui mercati;
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il pagamento di un prezzo equo, concordato, considerando non solo i costi di produzione ma anche ciò che è socialmente ed ecologicamente corretto;
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l’uguaglianza tra uomo e donna, nel rispetto le condizioni di lavoro dignitose stabilite dall’ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro);
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nell’ipotesi del lavoro minorile, fondamentale è il rispetto della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo;
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proteggere l’ambiente e favorire lo sviluppo sostenibile;
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quando possibile offrire ai produttori locali micro-credito e pre-finanziamento.
È palese notare come il Commercio equo e solidale non solo introduca contenuti etici e di solidarietà sociale nel circuito del mercato, ma sia decisamente all’avanguardia nella salvaguardia dei diritti umani. Difatti, gli standard di tutela del lavoro dell’ILO e i diritti del fanciullo vengono non solo adottati, ma anzi posti a fondamento della politica del Commercio equo e solidale, in contrasto con il vuoto normativo del sistema del WTO, che non adotta una regolamentazione multilaterale in tema di tutela dei lavoratori.
Una delle organizzazioni del Commercio equo e solidale operante a Roma, in particolare, è Pangea-Niente Troppo, frutto della fusione tra le due cooperative sociali. Non solo gestisce la vendita dei prodotti attraverso le sue 3 Botteghe del Mondo presenti nella città, ma si occupa anche di sensibilizzare il pubblico, di formazione e di attività culturali.
Per capire meglio come funziona una delle iniziative del Commercio equo abbiamo incontrato, in occasione dell’incontro-degustazione di domenica 9 marzo, il gruppo di giovani universitari “Be part of it”, che si interessa di sua iniziativa della vendita di prodotti del Commercio equo e solidale, grazie all’ospitalità della Parrocchia di Santa Chiara. Ecco come è nata questa idea:
«Il gruppo “Be Part of It” è nato qualche anno fa, da un’idea di alcuni ragazzi, ormai universitari, che hanno deciso di avvicinare la nostra comunità parrocchiale (Parrocchia di Santa Chiara, N.d.A.) al mondo del commercio equo e solidale. Grazie all’ospitalità della Parrocchia e al supporto di “Pangea-Niente di Troppo”, una domenica ogni mese è possibile acquistare questi prodotti all’uscita delle messe. Affrontiamo questa attività con spirito di volontariato: gli introiti delle vendite sono destinate a Pangea-Niente di Troppo e, in parte, ad Amka (un’associazione ONLUS che realizza strategie di sviluppo nei Paesi del Terzo Mondo, N.d.A.).»
Iniziative, queste, che tentano di riportare contenuti di umanità e solidarietà all’interno di un sistema di commercio internazionale che porta sempre più ad anteporre il valore aggiunto al valore dell’uomo.
Carlo Guglielmo Vitale